La poesia più famosa di Giacomo Leopardi, e forse anche una delle poesie più conosciute in Italia, è L’infinito. Viene riproposto ciclicamente, alle medie, al liceo e fidatevi ci sono anche svariati corsi universitari solo su Leopardi e l’analisi di questo breve testo poetico.
Il fascino della poesia di Leopardi non ci deve far sbagliare: non è così semplice come appare, per quanto il metro sia di facile analisi, ha comunque bisogno di affrontare il passaggio della perifrasi prima del commento.
Ecco allora la perifrasi, il commento e l’analisi delle figure retoriche della poesia di Giacomo Leopardi: L’infinito.
Testo de L’infinito di Leopardi
“L’infinito” si trova all’interno della raccolta dei Canti di Giacomo Leopardi, che il poeta scrisse negli anni della sua prima giovinezza a Recanati, nelle Marche. Le stesure risalgono agli anni 1818-1819.
Testo:
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare
L’infinito di Giacomo Leopardi: parafrasi
Quando si inizia a studiare la poesia a scuola uno degli esercizi più richiesto dagli insegnanti e più odiato dagli studenti è la parafrasi. Sbagliare è fin troppo semplice, il rischio infatti è di cercare di dare un senso al testo senza seguire le regole della parafrasi.
Ecco un esempio:
Ho sempre amato questo colle solitario
e questa siepe, che impedisce al mio sguardo
di scorgere l’interezza dell’estremo orizzonte. Ma quando sono qui seduto, e guardo, comincio
a immaginarmi spazi sterminati al di là di essa,
e un silenzio sovrumano, e una pace abissale,
fin quasi a sentire il cuore tremante di paura. E non appena sento il fruscio degli alberi carezzati
dal vento, questa voce paragono
a quel silenzio infinito: e d’improvviso nella mia mente
affiora l’eternità, e tutte le ere ormai trascorse,
e quella presente, viva, con la sua voce. Così il mio pensiero è sommerso in quest’immensità
ed è dolce, per me, inabissarmi in questo mare.
Analisi del testo della poesia: figure retoriche e commento
La parafrasi ha come passaggio essenziale quello d’identificare e comprendere l’uso delle figure retoriche. Ecco quelle nel testo.
Figure retoriche
- Assonanza della lettera “s”: sedendo – spazi – sovrumani silenzi -profondissima quiete;
- Assonanza della lettera “v”: ove per poco… e come il vento… a questa voce vo comparando… e mi sovvien… e la presente e viva;
- Enumerazione per polisindeto: e sovrumani silenzi, e profondissima quiete… (vv.5-6) — e mi sovvien l’eterno, e le morti stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei (vv.11-13) —e il naufragar m’è dolce in questo mare.(v.1);
- Enjambement (figura retorica principale della poesia): ai vv. 2-3; vv. 4-5; vv. 5-6; vv. 8-9; vv. 9-10; vv. 13-14;
- Metafora: la siepe è barriera mentale; (v.2) — stormir tra queste piante raffigura gli spazi infiniti entro i quali si può muovere il pensiero; (v. 9) — il naufragar m’è dolce in questo mare è la dimensione illimitata dell’immaginazione. (v.15);
- Ossimoro: il naufragar m’è dolce in questo mare. (v.15);
- Iperbole: sovraumani — profondissima. (vv.4 -6)
- Anastrofe: Sempre caro mi fu quest’ermo colle (v.1)
- Antitesi: Questa siepe… Quella (vv. 2,5) — Quell’infinito silenzio a questa voce; (vv.9-10) — morte stagioni…Viva. (vv.12-13);
- Onomatopea: stormir. (v.9).
Commento
Giacomo Leopardi compose “L’infinito” durante il periodo della giovinezza (21 anni). Ci troviamo nel periodo della produzione del cosiddetto “pessimismo storico”.
Nella visione del poeta esso è l’unico individuo capace o destinato a una simile sofferenza. L’ostacolo più grande, e allo stesso tempo insignificante, si nasconde nell’immagine della “siepe”. Ma sarà questo ostacolo a risvegliare l’immaginazione e i sentimenti di paura e finitezza dell’essere umano di fronte all’infinito.